mercoledì 17 gennaio 2007

Biocarburanti, primo contratto quadro

La sfida, per il nostro paese in ambito energetico, è quella di diminuire drasticamente la dipendenza cronica nei confronti delle fonti non rinnovabili, alle quali per varie ragioni storiche siamo sempre stati particolarmente dipendenti anche rispetto ad altri paesi europei. In quest'ottica è davvero un'ottima notizia quella che il governo ha stipulato il primo contratto quadro sulla produzione nazionale di biocarburanti. Di seguito la notizia:

" Il futuro dell’energia verde è cominciato.

Mercoledì 10 gennaio 2007 è stato presentato dal ministro Paolo De Castro, presso il Ministero delle Politiche Agricole alimentari e forestali, il primo contratto quadro nazionale sui bio-carburanti, che rappresenta il primo passo verso la costruzione di una filiera nazionale delle agro-energie e contribuirà a conferire un nuovo ruolo all'agricoltura italiana.

Soggetti interessati dal contratto quadro sono le Associazioni agricole, l’Unione Seminativi (produttori di semi oleosi) e, sul versante industriale, Assitol, Assobiodiesel, Assocostieri.

Si tratta, per l’Italia, di una mossa concreta nel segno della tutela ambientale, nel senso di una riduzione della dipendenza dalle fonti energetiche non rinnovabili; per l’agricoltura, in particolare, di un momento fondamentale per l’affermazione di una filiera innovativa

L'intesa raggiunta esprime così la risposta del Governo agli obblighi imposti dal Protocollo di Kyoto, mettendo in rapporto di collaborazione agricoltura e ambiente.

Come ha precisato il ministro De Castro in apertura della conferenza, "l'accordo quadro rappresenta una grande opportunità di crescita per il nostro sistema produttivo", ed è dunque un primo segnale delle opportunità offerte dalla finanziaria.

Nel 2007, infatti, la coltivazione di semi oleosi a fini energetici potrà raggiungere i 70 mila ettari di terreno dai quali si ricaveranno circa 70 mila tonnellate di bio-diesel da integrare nel normale carburante, produzione che si spera di triplicare entro il 2010, raggiungendo i 240 mila ettari. "


Fonte: Ministero delle Politiche Agricole Alimentari e Forestali


martedì 16 gennaio 2007

Analisi su riforme e liberalizzazioni

Francesco Giavazzi, editorialista del Crorriere della Sera, ci informa in questo articolo dove la politica di questo governo DEVE andare, cioè in quel riformismo che in altri paesi funziona ed anche bene:

" Da qualche mese in alcuni supermercati giovani farmacisti vendono medicinali a un prezzo inferiore del 20-30% ai prezzi delle vecchie farmacie di città. Chi è più di sinistra? Chi liberalizza commercio e professioni, o chi consente che le farmacie, così come gli studi notarili, si tramandino di padre in figlio?
All'università di Lecce il numero dei dipendenti addetti a mansioni tecniche e amministrative supera il numero degli insegnanti (non è sorprendente dato che lo statuto dell'università prevede che il personale amministrativo abbia il 20% dei voti nell'elezione del rettore). Avendo bruciato tutte le risorse in una dissennata politica di assunzioni, il rettore è stato costretto a sospendere il riscaldamento (nelle aule, non certo negli uffici amministrativi, dove il riscaldamento funziona anche il pomeriggio, quando le stanze sono deserte). Pochi in città sembrano preoccupati dello stato della loro università: i figli della buona borghesia salentina studiano a Bologna, a Torino, a Milano. All'università di Lecce sono rimasti i figli di chi non può permettersi di mandarli al Nord. Chi è più di sinistra? Chi vuole riformare l'università, oppure chi nella Finanziaria ha imposto di stanziare più fondi per il rinnovo dei contratti dei dipendenti pubblici? In Danimarca prima dell'intervento di varie forme di assistenza pubblica, le famiglie a rischio di povertà sono 32 su 100: l'intervento dello Stato le riduce a 12. Cioè il welfare
danese riesce a spostare 20 di quelle 32 famiglie fuori dall'area a rischio. In Italia le famiglie vicine alla soglia di povertà sono 22, ma lo Stato riesce ad aiutarne solo 3. Chi è più di sinistra? Chi vuole riformare alle radici il nostro sistema di welfare,
nell'interesse dei poveri e dei giovani, oppure chi pensa che la riforma delle pensioni non sia urgente e difende i fortunati che hanno un lavoro a tempo indeterminato e vanno in pensione prima dei sessant'anni?
Concorrenza, riforme, merito dovrebbero essere le bandiere della sinistra radicale; questa invece, opponendosi alle riforme, finisce per difendere i privilegi. Non mi stupisce che il governo di centrodestra non abbia varato una sola liberalizzazione, né inciso su alcun privilegio: era stato eletto per conservare lo status quo e lo ha fatto. Ma non comprendo come lo stesso possa avvenire con un esecutivo di centrosinistra. Una società in cui c'è scarsa concorrenza, in cui nell'impiego pubblico (oltre il 10% di tutti i posti di lavoro) si fa carriera per anzianità e non per merito, è una società in cui il futuro finisce per essere determinato dal censo: proprio ciò contro cui si batte la sinistra. Alcuni (ad esempio Barbara Spinelli su La Stampa) pensano che a Caserta riformatori e liberalizzatori abbiano fallito perché chiedevano all'ala sinistra del governo di rinnegare la propria storia. E' esattamente il contrario: hanno fallito perché non sono stati capaci di spiegare che le riforme sono «di sinistra» e la conservazione dei privilegi «di destra».
Nei prossimi giorni i presidenti di Camera e Senato dovranno nominare due nuovi membri dell'Autorità garante della concorrenza e del mercato. La storia politica di Franco Marini e Fausto Bertinotti non lascia dubbi sul loro impegno contro i privilegi, a favore dei più deboli, dei meno fortunati. Mi attendo quindi che nominino persone il cui curriculum e i cui scritti non lascino dubbi sul fatto che esse siano pronte a sostenere la battaglia coraggiosa che il presidente Catricalà sta combattendo contro i molti potenti che ostacolano la concorrenza: banche, assicurazioni, imprese elettriche e del gas, professionisti ed enti locali.

Tratto dal il Corriere della Sera.it

IL PREMIO NOBEL RUBBIA sul solare



MILANO - «Il 20 per cento dell' energia necessaria in Europa nel 2020 generato dalle fonti rinnovabili è il minimo che si potesse indicare per affrontare il grave problema del riscaldamento climatico. E non occorre essere grandi scienziati per rendersene conto, i politici sono gli ultimi a capirlo». Il Nobel Carlo Rubbia è in Spagna per la sua centrale solare e ascolta le cifre pronunciate dalla Commissione europea con soddisfazione mischiata all' amarezza per l' insufficienza del provvedimento dettato - ricorda - dalle nuove valutazioni ambientali negative che gli esperti delle Nazioni Unite stanno per diffondere. «Non è questa la soluzione - aggiunge - e si è trovato solo il compromesso che la politica poteva proporre come affrontabile: la percentuale dovrà necessariamente aumentare». Finora si è sempre imputato alle energie rinnovabili l' incapacità di soddisfare i grandi bisogni in quanto limitate nelle loro capacità. «Tra le alternative praticabili - precisa il premio Nobel - c' è da considerare soltanto il solare termodinamico, unica tecnologia in grado di garantire buoni livelli di potenza grazie anche all' accumulo. Lasciamo perdere l' eolico e il fotovoltaico che resteranno sempre marginali». Su questo fronte c' è però ancora da lavorare. «Gli Stati Uniti - prosegue Rubbia - non hanno capito l' importanza delle fonti rinnovabili, la Cina si sta per svegliare ma è ancora lontana e quindi i Paesi europei potrebbero giocare un ruolo di primo piano e diventare i detentori di queste tecnologie di cui avremo sempre più bisogno». E qui lo scienziato vuole inserire una precisazione importante, legata al riscaldamento dell' atmosfera. «Saranno soprattutto Spagna, Italia e Grecia, i primi Paesi colpiti dal fenomeno della desertificazione; le nazioni del Nord Europa o la Siberia non si preoccuperanno più di tanto per qualche grado in meno. Dunque, dovremmo essere noi del Sud Europa a investire per primi cercando di sviluppare le nuove tecnologie, ingegnandoci però con una certa aggressività per padroneggiarle e controllarle: non dimentichiamo che si tratta anche di un grande affare economico che in molti cercheranno di agguantare». Tedeschi, olandesi e spagnoli si dimostrano particolarmente sensibili a essere protagonisti sul nuovo fronte. «L' Italia, invece, è ancora all' anno zero in questo campo: si è fatto poco o nulla - sottolinea Rubbia -. C' erano dei progetti ma è stato tutto paralizzato: ciò che è facilmente accettabile in altri Paesi da noi diventa impossibile. Eppure per far crescere le tecnologie delle rinnovabili non occorrono grandi investimenti. E' necessario, però, una collaborazione più stretta tra il mondo della scienza e quello dell' industria; l' industria da sola non riesce, ma efficaci e stretti rapporti ancora non esistono». Carlo Rubbia, da presidente dell' Enea, aveva proposto nel 2003 la centrale solare termodinamica «Archimede» da realizzare in Sicilia, a Priolo. Quasi subito, tuttavia, il piano veniva ostacolato e infine bloccato. Così il progetto è volato via. Gli spagnoli hanno garantito di realizzarlo loro e proprio in queste settimane entra in funzione il primo impianto pilota. Intanto hanno approvato la costruzione di quattro centrali da 50 megawatt con l' obiettivo di arrivare alla produzione di 1400 megawatt, quindi una potenza equivalente di una centrale nucleare. «Proprio perché bastano spese modeste per maturare le nuove conoscenze - ribadisce e conclude il Nobel - l' Italia poteva diventare nazione di riferimento per le energie rinnovabili, ma ora non vedo impegni adeguati per essere il numero uno».

Tratto da il socialista.com

venerdì 5 gennaio 2007

Petizione dal sito dei Giovani Dubbiosi

Importante iniziativa dal sito dei Giovani Dubbiosi , eccone un' estratto:

"Siamo un gruppo numeroso di giovani diplomati e laureati in cerca di prima occupazione e intendiamo sottoporre alla signoria vs illustrissima il seguente gravissimo problema: il costo elevatissimo da sostenere per partecipare a concorsi e/o colloqui per assunzione a fronte di una serie di sconti e benefici di varia natura economica riservata ai deputati di vario ordine e grado ( deputati alle regioni, deputati alle camere, deputati al Parlamento europeo ) a totale carico della collettività.

Procediamo con ordine, immaginiamo che un giovane aspirante ad un lavoro – ovviamente munito di computer, stampante, carta e inchiostro e abilitato ad una forma di collegamento in internet – debba effettuare la seguente procedura:

1. acquistare una pubblicazione di annunci-offerte di impiego o consultazione via internet; costo medio = 3 euro.

2. effettuare una o più telefonate o e-mail di riscontro; c.m.= 1euro .

3. redigere curriculum, autocertificazione, domanda e inviare via Poste ( raccomandata con ricevuta di ritorno); c.m.= 4,60 euro

4. compilare e pagare, in caso di concorso pubblico, un bollettino di tassa di partecipazione ed inviare varia documentazione; c.m.= 15 euro.

5. recarsi, il giorno del colloquio o del concorso, ad una distanza media di 250 chilometri dalla sua abituale residenza con spese di pernottamento, viaggio a/r, pasti e spostamenti metropolitani; c.m.= 150 euro per ogni giornata.

Bene, anzi male, come risulta evidente il costo medio per un colloquio si aggira intorno ai 173,60 euro. Ma non finisce qui: ipotizziamo che il giovane disoccupato-medio effettui, come minimo, 20 tentativi per ogni anno, allora il costo lievita a 3472 euro. Infine, questo ultimo dato va moltiplicato, almeno, per 3; cioè per gli anni indicati dalle statistiche ufficiali necessari per ottenere una prima occupazione a tempo indeterminato. Allora il costo finale risulta di 10416 euro. E’ utile ricordare che questa cifra, ovviamente, grava sul bilancio familiare e non gode di alcuna misura di detrazione fiscale.

Questi dati, già drammatici, diventano scandalosi e vergognosi per un Paese che ha abolito i privilegi di tipo feudale, se raffrontati con le agevolazioni tariffarie, i benefici di varia natura ed i doni di cui godono, a spese della collettività, i nostri rappresentanti – democraticamente eletti – nelle varie assemblee istituzionali: dal piccolo comune al consesso europeo. Continua...

Come ridurre i costi della politica

Dal sito di Radio Radicale un'interessante articolo:

"La questione ultimamente è stata posta da Cesare Salvi e Massimo Villone con il loro saggio I costi della democrazia, ma era stata già portata all'attenzione del paese dal Partito radicale nel 1977 e poi, di nuovo, con il referendum contro il finanziamento pubblico ai partiti vinto con il 90,3% dei voti degli italiani. L’ordine del giorno, firmato da Sergio D'Elia e Luciano Pettinari e approvato dalla Camera dei deputati, impegna oggi il Governo a porre rimedio ad alcune previsioni contenute nella Finanziaria.

La questione ultimamente è stata posta da Cesare Salvi e Massimo Villone con il loro saggio I costi della democrazia, ma era stata già portata all’attenzione del paese dal Partito radicale nel 1977 e poi, di nuovo, con il referendum contro il finanziamento pubblico ai partiti vinto con il 90,3% dei voti degli italiani. «Di fronte a una legge finanziaria particolarmente pesante - spiega oggi Sergio D’Elia, deputato della Rosa nel pugno e primo firmatario di un ordine del giorno approvato il 21 dicembre scorso a Montecitorio - è indispensabile porre fine a sprechi, costi impropri, spese ingiustificabili o, peggio, funzionali all’acquisizione e al consolidamento di consensi clientelari, di potere e di sottopotere dei partiti». L’ordine del giorno, firmato anche dal deputato dell’Ulivo, Luciano Pettinari, impegna il Governo a porre rimedio ad alcune previsioni contenute nella Finanziaria. Oltre alla prescrizione accelerata degli illeciti contabili su cui il governo si appresta a emanare un decreto legge per correggere la disposizione inserita dal Senato, si chiede tra l’altro al governo di «rivedere i compensi agli amministratori delle società partecipate sopprimendo previsioni di aumenti e quote variabili, rivalutazioni in relazione al tasso di inflazione programmato e deroghe che portano a superare l’importo di 500.000 euro annui». Anche il punto più controverso del testo, relativo alla soppressione delle scuole di formazione dei vari ministeri a seguito della istituzione prevista nella manovra della Scuola nazionale della pubblica amministrazione, su cui il Governo aveva espresso parere contrario, è stato approvato dalla Camera dei deputati con il concorso della opposizione e di una parte della maggioranza. "

Link: Radio Radicale

mercoledì 27 dicembre 2006

Una vita per il socialismo




La figura di Riccardo Lombardi (1901-1984) è, indubbiamente, una delle più originali e significative della storia del movimento socialista italiano. Giovane seguace di Guido Miglioli e delle idee del sindacalismo cattolico di sinistra nei primi anni’20, militante di Giustizia e Libertà e poi tra i fondatori del Partito d’Azione nel 1942, prefetto di Milano al momento della Liberazione, ministro dei Trasporti nel primo governo De Gasperi (la sua unica esperienza governativa), allo scioglimento del Partito d’Azione Lombardi confluirà nel PSI, partito nel quale militerà fino alla morte, leader con Nenni della corrente autonomista e poi, dopo la rottura all’atto della formazione del primo governo di centrosinistra, della minoranza di sinistra. A dispetto di questa biografia così ricca, su Riccardo Lombardi (come, peraltro, per altri personaggi di rilievo della storia italiana di questo secolo) manca ancora uno studio che ne ricostruisca complessivamente l’ azione. Tale, infatti, non può essere considerata la biografia di taglio giornalistico di Miriam Mafai (Lombardi, Feltrinelli, Milano 1976), mentre il saggio più documentato resta quello di Emanuele Tortoreto (La politica di Riccardo Lombardi dal 1944 al 1949, Edizioni di Movimento operaio e socialista, Genova 1972), cronologicamente però limitato all’arco di pochi anni. Gli storici dei partiti e dei movimenti politici spesso lamentano, per i propri studi, la mancanza di documentazione. Eppure, in questo caso, i documenti, le carte necessarie sono ormai a disposizione degli studiosi, grazie alla donazione da parte dello stesso Lombardi e dei suoi famigliari, dell’archivio (diverse migliaia di documenti ed oltre novemila lettere: cfr. l’inventario curato da Emilio Capannelli per il Servizio beni culturali e librari della Giunta regionale toscana) alla Fondazione di studi storici “Filippo Turati” di Firenze. Alcuni di queste lettere e documenti (in parte già pubblicati nei due volumi di scritti lombardiani curata per Marsilio nel 1978 da Simona Colarizi), relativi al periodo 1943-1947, al passaggio dalla lotta clandestina e partigiana alla Liberazione e alla costruzione della democrazia, appaiono oggi in questo volume curato (con qualche refuso di troppo) da Andrea Ragusa. Ne emerge, ancora una volta, la particolarità della figura di Lombardi nell’ ambito del socialismo italiano di questo dopoguerra. Ingegnere, studioso di Keynes e Schumpeter più che di Marx, attento alla comprensione dei problemi più che alla lotta quotidiana di governo e di sottogoverno, in Lombardi la pratica politica si coniugava al delineare scenari come momento non disgiunto dall’azione politica stessa. Da qui, forse, la critica spesso rivolta a Lombardi di presbiopia politica, per la sua capacità, appunto, di vedere politicamente lontano, perdendo di vista il dato politico immediato o forse, meglio, quello partitico. In realtà, Lombardi fu anche uomo di partito, cosciente che a spaccare si fa piu’ presto che unire.
Da qui la critica, tipica di Rosselli e di GL prima, del Partito d’Azione poi, al socialismo prefascista e a quello che Lombardi chiama il "verbalismo rivoluzionario". Insomma, un Lombardi, più che presbite, lucidamente visionario o utopisticamente concreto, se si preferisce, come di fronte al problema del blocco dei licenziamenti, una misura adottata populisticamente durante l’ultimo periodo della RSI e la cui revoca Lombardi dovette affrontare come Prefetto di Milano, sottolineando che la questione non è di moralità; essa è di politica economica, ma anche insistendo sul dato politico sulla necessita’ assoluta che si provveda senza indugio non solo alla avocazione dei profitti di regime, ma altresi’ a una politica fiscale degna di un governo democratico e che faccia pagare il costo della guerra e del fascismo e l’onere della ricostruzione a tutti coloro che risultano detentori di ricchezze. Centrale diventa quindi, in questi scritti, la questione della costruzione della democrazia: Che cosa è essenziale per la nascita di una democrazia in Italia? E’ essenziale che il Paese sia attivizzato, che il piu’ gran numero possibile di lavoratori di tutti i ceti sia interessato politicamente ed economicamente ad uno Stato democratico, al punto che tutti si sentano minacciati quando la democrazia è in pericolo. E cosi’ altri progetti, come l’istituzione di un istituto di revisione nazionale (strumento per garantire ai lavoratori che le condizioni della libertà economica siano fatte coincidere con i loro interessi essenziali e quindi con il benessere generale), la sottolineatura del ruolo dell’Europa e di quello delle autonomie locali (fino a proporre, lui Prefetto di Milano, l’abolizione della figura stessa di Prefetto). Il teorico delle riforme di struttura, dell’azione riformatrice e non riformista, l’ideologo (e lo sconfitto) del primo centrosinistra è già in queste pagine.

Giovanni Scirocco
23 giugno 2000

sabato 23 dicembre 2006

Riccardo Lombardi da Wikipedia



Riccardo Lombardi (Regalbuto, Enna 16 agosto 1901 - Roma 18 settembre 1984) è stato un ingegnere, un uomo politico italiano ed un partigiano anti-fascista.

Crebbe orfano dall’infanzia di un capitano toscano dei Carabinieri proveniente dalla gavetta e caduto a causa di servizio. Ricevette l'educazione media dai Gesuiti presso il Collegio Pennisi di Acireale. Durante gli studi al Politecnico di Milano, dove si laureò in Ingegneria, aderì al Partito Popolare Italiano di don Luigi Sturzo.Aderi' al Partito cristiano del lavoro, fondato dagli esponenti di sinistra del partito Popolare Italiano nel 1920. Dopo aver partecipato ad alcune azioni degli Arditi del popolo, nel 1923 collaborò con "Il Domani d'Italia"giornale della sinistra cattolica;in questi anni avvenne lo stacco dalla cultura cattolica e l'avvicinamento al marxismo.Nella seconda metà degli anni Venti continuò a partecipare all'attività clandestina, con esponenti antifascisti di varie tendenze Anche dopo la soppressione dei partiti politici decretata il 5 novembre 1926 continuò ad opporsi al regime Fascista e di conseguenza una squadra di picchiatori lo massacrò di botte rovinandogli per sempre la salute.

Conoscendo la lingue tedesca e francese trovò lavoro quale direttore tecnico presso la sede di Milano di Weise & Söhne, una societá tedesco-olandese di impiantistica chimica, che in pochi anni portò a diventare uno dei maggiori fornitori di Montecatini, SNIA e di tutta l'industria chimica italiana, allora in piena espansione. Raggiunse così un effimero benessere.

Aderì al movimento Giustizia e Libertà e, nel 1942, fu tra i fondatori del Partito d'Azione di cui nel gennaio 1943 creò assieme a Brenno Cavallari l'organo clandestino di stampa L'Italia Libera. Dopo l'armistizio di Cassibile dell'8 settembre 1943 militò nella Resistenza quale tenente generale delle brigate Giustizia e Libertà che, alla vigilia della Liberazione, rappresentó alle fallite trattative di resa con Benito Mussolini e Rodolfo Graziani presso l'Arcivescovado di Milano. Fece parte del CLNAI da cui alla Liberazione fu nominato Prefetto di Milano.

Partecipò al governo De Gasperi I (dicembre 1945 - giugno 1946) quale ministro dei trasporti, avviando la rapida ricostruzione della rete ferroviaria. In seguito preferì operare fuori dalle cariche di governo o del parlamento, anche quando il suo partito faceva parte della maggioranza governativa.

Convinto dell’insufficienza della sola riforma del latifondo a far progredire il Mezzogiorno, nel 1947 ottenne la costituzione dell’ Ente Siciliano di Elettricità votato a promuovere l’industrializzazione dell’isola tramite interventi pubblici che ne potenziassero le infrastrutture. Sotto alla sua breve iniziale presidenza l’ESE realizzò nuove centrali idroelettriche (Pelino, Troina e Carboi) ed i grandi impianti termici di Termini Imerese e di Augusta.

In politica estera si adoperò per la decolonizzazione, in particolare fornendo sostegno internazionale all’amico Pierre Mendès-France impegnato nella liberazione dell’ Indocina francese prima, dell’Algeria in seguito. Successivamente fu instancabile animatore di iniziative contrarie alla Guerra del Vietnam.

Fu componente della Consulta nazionale, dell'Assemblea Costituente e, ininterrottamente fino al 1983, della Camera dei Deputati. Allo scioglimento del Partito d'Azione nel 1947 aderí al Partito Socialista Italiano, che si sforzò di affrancare dal socialcomunismo riuscendo, nel 1956, a fargli pronunciare una ferma condanna dell’invasione sovietica dell’Ungheria. Persuase altresì detto partito a votare in favore della firma dei Trattati di Roma. Al Congresso di Venezia del 1957 ottenne poi l'adozione di una nuova politica consistente nel costringere la maggioranza governativa ad operare una svolta a sinistra detta di alternativa socialista, incentrata su una serie di riforme di struttura (termine da lui introdotto nel linguaggio politico), la maggiore delle quali, tra quelle realizzate, fu la nazionalizzazione dell'energia elettrica.

Dirige l'organo ufficiale Avanti! nel 1949-1950 e di nuovo nel 1963-1964. Nel luglio 1964 la corrente di alternativa socialista da lui guidata decide di non partecipare al secondo governo Moro, denunciando l'involuzione conservatrice della politica del centro sinistra. Da quel momento, per anni, Lombardi assume una posizione di critica costruttiva nei confronti della maggioranza del suo partito; indicando come prospettiva un governo di alternativa alla Democrazia Cristiana,che la positiva evoluzione in atto nel Partito Comunista Italiano poteva rendere possibile.



Tratto da Wikipedia